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L'OSSERVATORE E LA SUA FUNZIONE :::
Nel giugno del 1976, in una
pubblicazione allora riservata ai Commissari Speciali, veniva fatto
presente: “Non tutti coloro che sono stati
ottimi Arbitri sanno trasformarsi in ottimi Osservatori. Nessuno
nasce maestro ed a tutti può tornare utile confrontare le proprie
convinzioni con quelle degli altri”.
L’umiltà e la disponibilità a mettersi in discussione sono le prime
doti che devono sempre appartenere ad un membro della nostra
Associazione.
LA FUNZIONE DELL'
OSSERVATORE:
“Gli arbitri sono organizzati con
autonomia operativa e disciplinare nell’Associazione Italiana
Arbitri (AIA) che provvede al loro reclutamento, formazione,
inquadramento ed impiego” (articolo 26 punto 2 - STATUTO della
Federazione Italiana Giuoco Calcio).
Come si evince dalla lettura della norma federale sopra riportata,
gli Organi Tecnici (OT) dell’AIA, preposti dalla vigente normativa a
realizzare le finalità istituzionali in precedenza citate, oltre a
provvedere ad assicurare il regolare svolgimento dei diversi
campionati, tramite la designazione di propri associati, devono in
prima analisi curarsi dell’istruzione e della maturazione degli
elementi reclutati per poi classificarli e selezionarli.
La necessità di effettuare una cernita scaturisce dall’esigenza di
poter porre a disposizione degli OT superiori arbitri che per
predisposizioni attitudinali, personalità e carattere, abnegazione e
passione, preparazione tecnica e maturità diano ampie garanzie per
impegni di maggior levatura e, nello stesso tempo, escludere dai
ruoli elementi carenti delle attitudini richieste dalla funzione e
non suscettibili di miglioramenti.
Considerata la gran mole di attività da svolgere, si intuisce come
diviene naturale affiancare agli OT persone qualificate che siano in
grado di coadiuvarli validamente nei loro difficili e delicati
compiti: questi insostituibili collaboratori sono gli Osservatori
dell’Arbitro (OA).
Risulta così ovvio, come non si possa prescindere dall’operato di
questi “fiduciari” che con competenza, obiettività, diligenza e
chiarezza devono assolvere i compiti loro demandati dall’OT:
cooperare per una sempre più completa formazione degli arbitri,
valutando allo stesso tempo il grado di maturità raggiunta sotto i
differenti aspetti che compongono la prestazione di un direttore di
gara.
La funzione di OA è strettamente connessa alle esigenze - formare e
classificare - dell’OT di appartenenza a seconda che si tratti di
Organo Tecnico Nazionale, Regionale o Periferico: è di tutta
evidenza che pur trovandosi sempre nella necessità di centrare
entrambi gli obiettivi, l’uno assume maggior rilievo rispetto
all’altro man mano che si procede lungo il percorso arbitrale (nelle
categorie inferiori prevale, difatti, l’aspetto formativo che
gradualmente cede il passo – in quanto ad importanza – a quello
selettivo).
Traspare, dunque, subito la difficoltà del compito cui è chiamato
l’OA: egli, infatti, deve essere istruttore – in grado di fornire al
collega quei consigli che servano a migliorare le sue performance –
e, contemporaneamente, esaminatore – riferendo all’OT quanto
rilevato durante la visionatura della direzione di gara, consentendo
in tal modo l’utilizzo futuro dell’arbitro in questione.
Il compito affidato agli OA richiede, oltre ad una perfetta
preparazione tecnica, doti di equilibrio, obiettività, scrupolosità,
personalità e qualità umane che diano luogo a un comportamento tale
da suscitare negli arbitri fiducia, apprezzamento e rispetto. È
necessario che sappiano infondere negli arbitri
quell’incoraggiamento che fa superare gli inevitabili momenti di
sconforto, quel sostegno morale che sa stimolare gli stessi a
prestazioni sempre migliori.
Prima che giusto ed inflessibile giudice, dunque, l’OA deve essere
amico fraterno del collega che, di volta in volta, ha la fortuna di
poter aiutare a crescere, avendo, peraltro, l’opportunità di
condividerne lo stato d’animo, la passione, la gioia, la speranza,
la delusione.
Una missione (e non si vuole fare nessun riferimento all’esiguità
dei rimborsi), come quella dell’insegnante: consigliare e guidare i
più giovani verso mete sempre più ambite. Questa è l’essenza del
ruolo.
Un paragone quello tra Osservatore/Arbitro e Maestro/Allievo
sicuramente inevitabile e calzante, che serve altresì a rendere
chiara la reale ricompensa dell’attività svolta: aver contribuito al
miglioramento di un collega, consentendogli di progredire e, per
quanto possibile, di emergere. E non è poco.
Per questo motivo è fondamentale avere molti bravi insegnanti, ben
preparati, seri, impegnati, che usino un metodo efficace ed il più
uniforme possibile.
Esclusivamente un qualificato corpo di OA assicura agli OT e, più in
generale, alla nostra Associazione la possibilità di un futuro
vieppiù luminoso.
IL DECALOGO
DELL’OSSERVATORE:
-
Perfetta
conoscenza delle Regole del Giuoco e della casistica
-
Attitudine
all’osservazione e capacità di concentrazione
-
Capacità
valutativa ed obiettività di giudizio
-
Capacità di
comunicare = Chiarezza, disponibilità, tatto, …
-
Capacità di
sintesi
-
Senso di
responsabilità
-
Umiltà e
dedizione
-
Esperienza e
professionalità
-
Serietà =
Riservatezza, delicatezza, accortezza
-
Equità e lealtà
nell’interesse dell’arbitro sia nel bene sia nel male
LA CORREZIONE DELLE ANOMALIE:
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Le fasi da seguire per colmare le
lacune del direttore di gara sono le seguenti:
Molto succintamente e lungi dalla
pretesa di essere esaustivi, si riassumono alcune tra le cause
più frequenti di errore:
- imperfetta conoscenza del
Regolamento;
- inadatto spostamento o
posizionamento;
- carenza di allenamento e
lontananza dalle azioni;
- cause accidentali.
È, infine, importante rimarcare
che molto più della gravità dell’errore (con le dovute
eccezioni), è il suo ripetersi che va notato e segnalato nonché
l’eventuale persistenza della causa da cui ha origine.
APPUNTI E SPUNTI:
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L’OA, di norma, si presenterà
all’arbitro soltanto a fine gara. In casi del tutto eccezionali (ad
esempio, qualora il collega corra pericoli per la propria incolumità
oppure avverta un malore), l’OA è tenuto a prestare la massima
disponibilità anche durante l’intervallo, l’interruzione o quando il
suo intervento si rendesse opportuno. È implicito che, in tali
frangenti, eviterà assolutamente commenti sulla prestazione
arbitrale, concentrando la sua disponibilità al completo sostegno
del collega.
In sede di colloquio, l’OA deve tassativamente evitare di fare
qualsiasi promessa all’arbitro di promozione, così come non deve
millantare sue eventuali possibilità di interferire in alcun modo
presso l’OT.
Vi sono degli OA convinti che il modo di arbitrare da loro adottato
quando erano in attività fosse il migliore e vorrebbero, quindi,
vedere arbitri a loro immagine e somiglianza. In conseguenza, le
osservazioni fatte ed il giudizio finale sono improntati a questo
convincimento, che è sbagliato per almeno due motivi:
-
per ogni
diverso OA si avrebbe un arbitro “ideale” differente; ciò
comporterebbe valutazioni troppo eterogenee e difformi da quelle
dell’OT, unico preposto a stabilire il “modello” di direttore di
gara.
-
nella maggior
parte dei casi, è passato molto tempo da quando l’attuale
Osservatore svolgeva attività da arbitro, cosicché è normale
che, con il passare delle stagioni, vi siano sostanziali
diversità nella maniera di arbitrare.
Nonostante negli ultimi anni pare sia
stato accantonato l’aspetto estetico o, quantomeno, non venga più
annoverato tra quelli di maggior rilievo, è indubbio che l’immagine
nel suo complesso, l’abbigliamento (sia in divisa sia in abiti
borghesi), il modo di correre dal punto di vista stilistico, la
gestualità costituiscono lo stesso, nella sostanza, un riferimento
non indifferente per inquadrare correttamente la futuribilità di un
arbitro. Tra l’altro, è di tutta evidenza come molti di tali
parametri possano rientrare nella valutazione comportamentale
(almeno in senso lato): la compostezza, la misura, l’eleganza sono
senz’altro sintomo di attenzione, di rispetto nei confronti del
proprio mandato; al contrario la sciattezza, l’ineleganza, la
scompostezza sicuramente non depongono a favore di una “carriera”
prestigiosa.
È frequente il caso dell’OA che si lascia influenzare più o meno
inconsciamente da uno soltanto degli aspetti della valutazione,
penalizzando o premiando oltre misura la prestazione dell’arbitro:
ciò non deve avvenire perché già il modello di relazione prevede di
per sé coefficienti differenti per i singoli aspetti in base ai
parametri indicati dalla Scuola Arbitrale.
Nell’eventualità che si assista ad una gara senza incarico
ufficiale, evitare di recarsi nello spogliatoio dell’arbitro (pure
se lo si conosce) alla fine della gara per esprimere il proprio
parere che nella circostanza non è richiesto da alcuno.
L’OA rammenti la delibera del Consiglio Federale secondo la quale,
qualora (prima, durante o dopo la gara) intervengano incidenti che
coinvolgano arbitro, assistenti, calciatori, persone ammesse nel
recinto di giuoco o pubblico, egli è tenuto a riferire – con
relazione a parte inviata la sera stessa al Presidente della Lega o
del Comitato interessato – lo svolgimento dei fatti cui è stato
spettatore, con assoluta esclusione di quelli che siano accaduti
sotto il diretto controllo dell’arbitro o degli assistenti
ufficiali. |
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